Il capo del Dipartimento per le Libertà civile e l’immigrazione ha inviato, nei giorni scorsi, una circolare alle prefetture italiane in cui si invita a stringere accordi con gli enti locali per favorire lo svolgimento volontario, da parte degli immigrati ospitati, di attività socialmente utili, che avrebbero il doppio vantaggio di creare un terreno fertile per una più efficace integrazione nel tessuto sociale e di prevenire eventuali tensioni. I flussi migratori verso l’Italia si sono intensificati molto dalla fine del 2013, con la conseguenza che oggi ogni provincia italiana ospita un numero importante di cittadini extracomunitari, molti dei quali richiedenti asilo o in attesa delle definizione del ricorso contro il diniego dello status di rifugiato da parte della commissione territoriale competente.

Per loro, una delle criticità segnalate, che si riflette negativamente sull’esperienza dell’accoglienza, è l’inattività durante il periodo di permanenza legato alla conclusione dei procedimenti. L’attività di volontariato deve essere, appunto, volontaria, gratuita e di utilità sociale, quindi senza “scopi di lucro”, e preceduta da un’adeguata formazione. Il cittadino immigrato interessato deve aderire a un’associazione/organizzazione e avere copertura assicurativa, non a carico dell’amministrazione dell’Interno. La possibilità di aderire a questi percorsi di volontariato è limitata ai richiedenti asilo e a coloro in attesa di definizione del ricorso, spiega il dipartimento, perché chi è titolare di protezione internazionale viene coinvolto in altri percorsi di inserimento, finalizzati al lavoro.