Con nota del 28 maggio u.s., il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese ha rappresentato come nel corso dell’esame degli statuti trasmessi successivamente all’avvenuto adeguamento al Codice del Terzo settore, risulti frequentemente che anche in caso di enti associativi (ODV e APS) di dimensioni pari o prossime alla soglia minima di associati (sette/otto soci) di cui agli artt. 32 e 35 del CTS, il numero di deleghe previsto dagli statuti si attesta su quello massimo previsto dall’art. 24 comma 3 del medesimo (massimo tre deleghe per ogni associato per gli enti con meno di cinquecento soci).
Ad avviso del Ministero, da ciò potrebbe derivare un pregiudizio alla democraticità dell’ente, in quanto, in ipotesi estreme, potrebbe verificarsi che anche una sola persona possa determinarne gli indirizzi associativi.
Si richiede pertanto alla scrivente un parere preliminare alla formalizzazione dell’accettazione degli statuti prodotti.
In proposito, non si ritiene che l’amministrazione preposta possa condizionare l’accettazione di uno statuto di una piccola o piccolissima associazione alla previsione di un numero di deleghe inferiori a quello massimo consentito dalla legge. Anche in un ipotetico caso di specie, l’associazione nell’ambito delle soglie disposte dalla legge (fino a tre fino a cinquecento associati, art. 24 comma 3) dovrebbe essere libera di decidere autonomamente se attenersi ad esse o derogarvi al ribasso.
Oltre a tale argomentazione, che si giudica preminente, si osserva inoltre come non si possa escludere, da un lato, che in concreto il numero di associati si incrementi in breve tempo, scongiurando quindi la possibilità paventata dall’Ufficio; né, per contro, che i soci di una piccola associazione scelgano in concreto di partecipare personalmente alle vicende associative, soprattutto nella fase iniziale della vita dell’ente, evitando di delegare l’espressione del proprio voto a terze persone. Infine, deve evidenziarsi la rilevanza, ai fini della questione prospettata, della disposizione recata dall’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 24, relativo all’applicabilità dei commi 4° e 5° dell’art. 2372 del codice civile, “in quanto compatibili”.
In particolare, il 5° comma chiarisce che la rappresentanza non può essere conferita … ai membri degli organi amministrativi o di controllo” dell’ente. Tale principio, espresso nel codice civile con riferimento alle assemblee delle società, è certamente applicabile alla fattispecie in questione, stante il richiamo effettuato dal CTS, in quanto trattasi di disposizione volta a individuare regole di incompatibilità tra le funzioni deliberative e quelle di amministrazione all’interno dello stesso ente.
Considerato che il problema rappresentato dall’Ufficio interpellante verrebbe a manifestarsi solo in enti effettivamente formati da pochissimi associati, una rigorosa applicazione della citata disposizione in materia di incompatibilità (da verificare eventualmente in sede successiva) dovrebbe poter scongiurare in radice il rischio rappresentato.