Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito importanti chiarimenti per gli enti del Terzo settore: i quesiti riguardavano gli ambiti dell’ordinamento e amministrazione degli Ets, dell’apporto del volontariato nelle organizzazioni di volontariato (Odv) e nelle associazioni di promozione sociale (Aps), e delle procedure di iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore (Runts).

Sinteticamente, ecco le risposte fornite in tema di apporto del volontariato nelle Odv e nelle Aps, della nozione di “lavoratore” ai fini del computo delle percentuali previste dalla legge e della possibilità per un’Odv di retribuire i propri associati.

I criteri di calcolo dei volontari e degli eventuali lavoratori nelle Odv e nelle Aps

Il Codice del Terzo settore identifica le organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione sociale (Aps) come enti del Terzo settore che, per svolgere le attività di interesse generale (art.5 dello stesso Codice), devono avvalersi in modo prevalente dell’apporto volontario dei propri associati.

Sia per le Odv che per le Aps è comunque prevista la possibilità di avvalersi di lavoratori dipendenti, autonomi o anche di altra natura, qualora ciò sia funzionale in generale ad un migliore perseguimento delle proprie finalità istituzionali, con specifici limiti all’utilizzo di tali prestazioni lavorative:
-per le Odv il numero dei lavoratori eventualmente impiegati non può superare il 50% del numero dei volontari (art. 33, c. 1);
– per le Aps occorre rispettare lo stesso criterio  oppure, in alternativa, quello per cui il numero dei lavoratori non può superare il 5% del numero degli associati (art. 36, c. 1).

In relazione alle menzionate disposizioni è stato richiesto se per il calcolo dei volontari si possa fare riferimento ad un criterio “per teste”  e, inoltre, quali siano le tipologie di prestazioni lavorative che devono essere considerate nella nozione di “lavoratori”.

Con riferimento al primo quesito, il Ministero precisa anzitutto che il riferimento è rappresentato dai volontari iscritti nel registro dei volontari dell’ente oppure iscritti nei registri degli enti aderenti di cui l’ente effettivamente si avvalga. In relazione ad essi, si afferma che il criterio “per teste” è utilizzabile in primis perché la disposizione parla proprio del “numero” dei volontari (o, nel solo caso delle Aps, anche degli associati) in rapporto al “numero” dei lavoratori.

Il criterio di calcolo “per teste” consente, secondo la nota ministeriale, di tenere comunque conto dell’apporto di ogni volontario (pur nella consapevolezza che l’apporto di ciascuno sarà variabile vista l’assoluta libertà che caratterizza l’attività di volontariato), e di non gravare gli enti di eccessivi oneri amministrativi (dovendo magari, ad esempio, tenere traccia delle ore svolte dai volontari e di conseguenza quantificarle ai fini del calcolo).

In relazione al secondo quesito posto, il Ministero precisa che all’interno della nozione di “lavoratori impiegati nell’attività” vi rientrano solamente i lavoratori dipendenti e i parasubordinati, in ragione della maggior stabilità e continuità dei rapporti con l’associazione. Il riferimento è rappresentato dall’art.8, c.6, lett. r) del Decreto ministeriale 106 del 2020, che porta quindi a limitare il computo dei “lavoratori” ai soggetti dotati di posizione previdenziale (appunto dipendenti e parasubordinati), con esclusione quindi delle prestazioni di lavoro autonomo.

La possibilità per un’Odv di retribuire i propri associati

Con un diverso quesito è stato richiesto al Ministero se le Odv possano avvalersi di prestazioni lavorative retribuite svolte dai propri associati, nel rispetto dei limiti numerici  sopraesposti, oltre che del generale divieto posto dal Codice del Terzo settore in capo ai volontari di un Ets di svolgere al contempo anche attività retribuite all’interno dello stesso (art. 17, c. 5).

Per approfondimenti vai alla nota n. 18244 del 30 novembre scorso.