Cosa è il carcere, vademecum di resistenza è importante per capire come funziona (o come “non” funziona) il sistema penitenziario, in Italia. Il merito di Salvatore Ricciardi, al netto dell’idelogia e delle idee politiche, condivisibili o meno, è di far sentire davvero il sapore amaro e le sensazioni reali, i “giorni immobili di una lunga detenzione”, che un uomo, privato della libertà, ha sofferto. Ciò che emerge con violenza da questa lettura è che il carcere è i detenuti che lo abitano (loro malgrado).

Uno dei concetti fondamentali che emerge da questo libro è quello di tempo, di un tempo che è declinato in maniera diversa da chi è fuori, libero. Il detenuto emerge come un essere-senza-tempo. Per comprendere realmente cosa sia il carcere, si deve comprendere questa assenza di tempo. “Dentro il carcere il tempo non c’è. Nel carcere non c’è questo tempo, il tempo delle cose che succedono, dei cambiamenti che avvengono. È tutto sempre uguale”, scrive. Il tempo quindi, in carcere, è in questo senso, assenza-di-tempo. Il tempo è scandito da altri ritmi e soprattutto, dice Ricciardi, dai rumori del carcere.