La Corte di Cassazione, con ordinanza 23 novembre 2015, n. 23890, ha confermato il principio secondo cui vanno assoggettate a imposizione fiscale le somme erogate dall’associazione non rigorosamente riconducibili a rimborsi spese documentabili.
L’Agenzia delle Entrate, in sede di accertamento, aveva riqualificato come compensi, invece che come rimborsi spese, alcune somme erogate da un’associazione ai propri associati; dopo di ciò, recuperava a tassazione la relativa ritenuta alla fonte ex articolo 23 Dpr 600/1973.
Dopo un primo giudizio sfavorevole all’associazione, l’atto di recupero del Fisco è stato annullato in appello dalla Ctr lombarda che riteneva che le somme in questione dovevano considerarsi rimborsi di spese effettivamente sostenute dai volontari “sia per l’esiguità della somma annua corrisposta sia per le modalità di pagamento”.
Ricorrendo in cassazione, l’Amministrazione finanziaria lamenta l’omesso esame delle circostanze nonchè “l’illogicità e la contradditorietà delle motivazioni della sentenza gravata, argomentandosi che l’esiguità delle somme corrisposte ai volontari e le modalità di tale corresponsione non dimostrerebbero che le stesse fossero necessarie a rimborsare spese effettivamente sostenute e che anzi proprio la misura forfettaria di dette somme farebbe deporre per la loro natura di compensi”.
Inoltre, il ricorrente sottolinea come l’assenza di documentazione specifica delle singole spese sostenute e il superamento dell’ammontare delle somme erogate rispetto a quanto previsto, rappresentino violazione dell’articolo 2 della legge 266/1991, secondo cui “al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse”.
La Corte suprema accoglie il ricorso per i rimborsi erogati in misura forfettaria, senza documentazione delle spese per le quali venivano erogati; per quanto concerne la prescrizione relativa ai limiti stabiliti preventivamente dalle organizzazioni, la Corte riferisce come ciò significhi non quanto presunto dal ricorrente (ovvero quanto contenuto nel bilancio preventivo) ma che al singolo volontario possono erogarsi solo rimborsi contenuti in limiti individuali quantitativi e/o qualitativi (per tipologia di spesa) preventivamente individuati da parte degli organi deliberativi dell’associazione.